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mercoledì 11 marzo 2015

RISARCIMENTO DEL DANNO DA SOVRAFFOLLAMENTO CARCERARIO



Recentemente, e tanto per cambiare, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) ha condannato l’Italia a causa della situazione rovinosa in cui si trovano i detenuti ospitati nelle nostre carceri.

 

La Corte Europea, infatti,  ha riscontrato violazioni sistematiche dei diritti dei detenuti, che subiscono trattamenti inumani e degradanti a causa del sovraffollamento carcerario. 

 

I detenuti, infatti, hanno a disposizione meno di tre metri quadrati di spazio individuale (che dovrebbe essere il minimo), bagni (WC) non separati dal resto della cella, privi di finestre, senza acqua calda, celle concepite per un solo detenuto ma occupate da tre o più persone.

 

Emblematico, ad esempio, il caso di un detenuto affetto da incontinenza urinaria: era costretto a stare in una cella affollata e subire umiliazioni a causa della totale mancanza di intimità. Si può facilmente immaginare cosa significhi cambiarsi il pannolone più volte al giorno in questa situazione…

 

In un altro caso, un detenuto era costretto a trascorrere circa 20 ore al giorno sdraiato sul letto, a 50 cm di distanza dal soffitto, non per pigrizia, ma a causa della mancanza di spazio nella cella.

 

A causa di queste condizioni, numerosi detenuti hanno presentato dei ricorsi a Strasburgo, e la Corte Europea ha deciso (sentenza Torreggiani) che lo Stato italiano, entro il mese di giugno 2015, deve adottare le misure necessarie per rimediare alla situazione del sovraffollamento carcerario.

 

La Corte Europea ha gentilmente invitato il nostro solerte Stato, fra l’altro sempre attento e sensibile alla tutela dei diritti e della dignità dei propri cittadini, a fare fondamentalmente due cose:

 

1)      da una parte, predisporre delle misure strutturali che risolvano le cause del sovraffollamento carcerario;

 

2)      dall’altra parte, creare un rimedio interno che consenta ai detenuti di ottenere un risarcimento per i danni subiti  a causa di un trattamento inumano contrario all’art. 3 della Convenzione Europea (nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti).

 

Come ha risposto l’Italia alle sollecitazioni europee?

 

Con il DL n. 92/2014, convertito in legge n. 117/2014, con il quale è stata introdotta una riforma dell’ordinamento giudiziario che ha previsto dei rimedi con i quali il detenuto o l’internato può chiedere al giudice di porre rimedio alla situazione di grave pregiudizio nella quale si trova.

 

Prima di continuare, però, per chi non lo sapesse, precisiamo che

 

Detenuto è chi è stato condannato, con sentenza irrevocabile, ad una pena detentiva;

 

Internato è chi è stato privato della libertà personale in applicazione di una misura di sicurezza (colonia agricola, casa di cura e di custodia, ospedale psichiatrico giudiziario).

 

Fatta questa necessaria distinzione, possiamo continuare illustrando in maniera semplice e sintetica i rimedi previsti dalla legge.

 

 

Primo rimedio: art. 35 ter, commi 1 e 2, legge n. 354/1975 (ordinamento giudiziario).

 

Si rivolge a persone detenute o internate.

 

Abbiamo tre ipotesi:

 

1)      Detenuto o internato che si trova nelle condizioni inumane e degradanti che abbiamo sommariamente descritto sopra: Si può rivolgere al magistrato di sorveglianza per ottenere uno sconto della pena ancora da espiare. Lo sconto è pari  ad un giorno per ogni dieci di pregiudizio subito. Ad esempio: 570 giorni di carcere in condizioni disumane o degradanti  danno diritto a 57 giorni di sconto di pena.

 

2)      Detenuto o internato che abbia subito un pregiudizio inferiore a 15 giorni: Ha diritto ad un risarcimento monetario pari ad 8 (otto!) euro per ogni giorno di pregiudizio subito. Es.: pregiudizio di 14 giorni  è 14 x 8,00 = € 112,00.

 

3)      Detenuto o internato che ha subito un pregiudizio, ma lo sconto di pena è maggiore del residuo di pena che deve ancora scontare. Possiamo avere due ipotesi:

 

A)    ha diritto ad 8 euro per ogni giorno di pregiudizio subito. Es.: un pregiudizio di 640 giorni darebbe diritto ad uno sconto di 64 giorni; ma se restano da scontare solo 25 giorni, ha diritto ad 8,00 euro per ogni giorno di pregiudizio subito è 64 x 8,00 = 512,00. 

 

B)    Si può anche chiedere al magistrato di combinare il risarcimento monetario con lo sconto di pena. Per rimanere all’esempio precedente: pregiudizio di 640 giorni è sconto di pena di 64 giorni; poiché restano da scontare 25 gg., si potrebbero concedere 25 giorni di sconto di pena, e sui rimanenti (64 – 25 = 39) 39 giorni si calcola il risarcimento monetario è 39 x 8 = 312,00 euro.

 

L’istanza può essere presentata personalmente o tramite difensore.

 

Contro i provvedimenti del Magistrato di Sorveglianza si può proporre reclamo al Tribunale di Sorveglianza entro 15 giorni dalla notifica.

 

 

Secondo rimedio: art. 35 ter, comma 3, legge n. 354/1975 (ordinamento giudiziario).

 

Si rivolge a persone in stato di libertà che:

 

1)      Hanno finito di scontare la pena detentiva;

 

2)      Hanno subito il pregiudizio durante un periodo di custodia cautelare non computabile nella pena da espiare: significa che dalla pena detentiva non si può detrarre il periodo di custodia cautelare perché, ad esempio, l’imputato è stato assolto.

   

In questi due casi, che, come abbiamo detto, presuppongono la fine della detenzione o della custodia cautelare, si può chiedere, personalmente o tramite avvocato, al Tribunale civile (non al Magistrato di sorveglianza) del capoluogo del distretto in cui risiede il ricorrente, il risarcimento in forma monetaria, di 8 euro per ogni giorno di pregiudizio subito, entro 6 mesi dalla fine della pena detentiva (carcerazione) o della custodia cautelare.

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